Lucio Battisti. Musicista completo e sperimentatore, personaggio schivo e riservato. Voleva essere libero, per questo rifiutò di aderire a movimenti politici, di associarsi ad essi, o perfino di esporre le sue idee. Abbraccia il silenzio e la solitudine mediatica per esprimere al meglio la sua arte. Perché la musica era per lui ciò che di più contava, era il suo mezzo espressivo: ha ricercato infatti, sempre nella canzone leggera, i sentimenti contrastanti e le malinconie che accomunano la nostra esistenza, ricercando suoni e ritmi sempre nuovi.
Il brano “Le allettanti promesse” compare nell’album del 1973 “Il nostro caro angelo”. Un progetto di svolta, in cui le ballate lasciano il posto a sperimentazioni ritmiche, giri di basso e inserti elettronici, in cui si parla dell’uomo che vuole vivere in semplicità, riscoprire la solitudine, la fatica delle tradizioni rurali e la bellezza vera dei rapporti umani opponendosi alla vana evanescenza della vita in una società di forma con poca sostanza.
“No non mi va molto meglio restare qua,
no non voglio entrare in mezzo all’invidia e la perfidia
non voglio stare a duellar fra gelosie sporche dicerie
e bigottume delle dolci e care figlie di Maria
e la politica del curato contro quella della giunta
tutti lì a vedere chi la spunta
e sorrisi e compremessi e fognature dentro i fossi
no no io non ci sto
no no io non ci sto
Io non posso parlare solo di calcio e di donne
di membri lunghi tre spanne non posso parlare
di tutte le corna del droghiere
e dell’ulcera duodenale del padre del salumiere
non posso parlare”